Cambiando lo sfondo: perché cambiando il colore dello sfondo cambia anche il colore dell’oggetto?
La ragione principale è che il colore dello sfondo colpisce in pieno l’oggetto che circonda inondandolo con il suo tono complementare, che è tanto più forte quanto più puro è il suo pigmento.
Perciò se l’oggetto è di un particolare e ben definito verde e lo sfondo è rosso, quest’ultimo influenzerà il verde dell’oggetto con altro verde (complementare del rosso). Il verde dell’oggetto risulterà molto più verde di quello che effettivamente è in natura. Per rappresentare in quadrato verde ho scelto soltanto una sua tendenza scura per evitare vibrazioni troppo forti.
Cambiando soltanto lo sfondo e facendolo giallo otterremo, invece, che il verde dell’oggetto circondato diventerà meno verde di quello che è in realtà, perché viene influenzato dal viola irradiato come complementare del giallo dello sfondo.
Perciò bisogna fare molta attenzione al colore che impieghiamo intorno all’oggetto perché quel colore ha la proprietà di farlo emergere in primo piano oppure … annientarlo. In una prospettiva lineare realizzata in modo con molta cura i piani seguono un perfetto senso logico. Figure grandi in primo piano, via via vanno rimpicciolendo verso l’orizzonte, mentre la colorazione si fa sempre più grigia e sfocata. Una variazione cromatica errata in un piano prospettico comporterebbe la rielaborazione degli oggetti che gli stanno vicini.
Facendo invece lo sfondo azzurro avremo che l’oggetto verrà influenzato dal colore arancione, quindi sarà oltretutto anche più chiaro dal momento che l’arancione ha un tono luminoso.
Infatti il complementare di un colore, essendo l’opposto di esso in tutti i sensi, risulta anche inverso alla sua intensità di luce; quindi se lo sfondo è chiaro, esso influenzerà l’oggetto con lo scuro … e viceversa.
Uno sfondo nero rende chiarissimo l’oggetto, mentre uno sfondo bianco lo rende scurissimo.
La seconda ragione influisce soltanto all’apparenza sui colori dell’oggetto, ma li influenza in modo molto più marcato con la logica della nostra mente calcolatrice.
Il solito oggetto, sempre di quel verde ben definito, e sempre per la ragione della legge dei complementari, cambia il suo colore a seconda dell’intensità di luce dello sfondo per la ragione sopra descritta ma anche perché il nostro cervello, elaborando i dati che vengono dalla tela, decide sulla forza da interpretare sul colore proprio dell’oggetto.
Se sulla tela lo sfondo è scuro come pure l’oggetto che abbiamo dipinto, i calcoli inconsci della nostra mente ci dicono che il colore dell’oggetto è scuro perché scuro è l’ambiente, e che invece, se fosse portato alla luce, esso potrebbe diventare di quel verde ben definito.
Quindi, sulla tela, un oggetto di un ben definito colore possiamo dipingerlo tra una gamma di luminosità che sta tra il bianco ed il nero, purché venga sempre giustificato con la luminosità dello sfondo. I colori di tutte le cose che ci circondano noi li conosciamo come tali a tutte le ore del giorno e della notte. Con la luce del sole, con la luce delle lampade, con la luce del fuoco, ma talvolta non ci rendiamo conto che essi cambiano in modo marcato ogni qual volta cambia la luce. È l’elaborazione automatica della nostra mente che traduce in colore i raggi emessi (direi riflessi) da ogni corpo.
Se essa (la mente) riceve raggi deboli da un oggetto, si dovrebbe arrivare alla conclusione che quell’oggetto è scuro, invece non è così.
La mente non si accontenta di un solo parametro, ma vuole sapere se questi deboli raggi sono dovuti all’ambiente scuro oppure al fatto che sia proprio l’oggetto ad essere tale. Quindi, se in pieno giorno l’oggetto è chiaro, questo è veramente chiaro. Se in un ambiente scuro lo stesso oggetto è scuro, esso, sicuramente tornerà più o meno chiaro alla luce del sole. Questo banalissimo ragionamento sta alla base di tutta la coloristica e dobbiamo sempre tenerlo presente e … mai darlo per scontato.
Quello che ho appena detto è di una logica talmente evidente che non lo avrei dovuto neanche riportare, invece, nonostante ne avessi già parlato in precedenza, l’ho ripetuto in questa pagina.
Penso che sia stato necessario ricordarlo perché è proprio questa logica che ci inganna durante le nostre sedute pittoriche. È il pittore che deve ingannare con ciò che riporta sulla tela, assai spesso con logiche inverse a quelle della natura.
Di sovente ci confondiamo mescolando le due opposte logiche a scapito degli effetti emotivi del quadro. Prendiamo ad esempio il caso della nebbia:
Cosa dice la nostra logica riguardo ad essa?
Quando c’è nebbia si riduce la visibilità e si indeboliscono tutte le immagini davanti ai nostri occhi.
Come dobbiamo ragionare sulla tela di fronte alla nebbia?
In modo inverso!
Proviamo a dipingere dal vivo una figura su una tela nuova e diamogli un colore molto tenue e quasi sfocato. Non facciamo per ora nessuno sfondo. Essa apparirà debole e sfocata. Se la circondiamo poi da uno sfondo molto forte essa risulterà ancora più debole. Proviamo invece a circondarla dal grigiore di una fitta nebbia e vedremo, a cose finite, cosa succederà: la figura si sarà rafforzata ed avrà preso i suoi colori naturali!
In conclusione, se dal vivo, la nebbia indebolisce la visibilità, sulla tela l’applicazione di essa rafforza i deboli colori degli oggetti che circonda, perché la loro debolezza è giustificata dalla nebbia stessa che li investe. Il nostro cervello in tal modo prende in considerazione il fatto di come risulterebbe quella figura se tutto intorno fosse chiaro … Chiaro?!?