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Testo e accordi di Sidun di Fabrizio de Andrè

STEFANO BUSONERO IL PITTORE CHE NON VUOLE VENDERE I SUOI QUADRI

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Informazioni generiche sul brano Sidun

“Sidùn” è una celebre canzone di Fabrizio De Andrè scritta nel 1984 in collaborazione con Mauro Pagani.

Il brano – tutto cantato in genovese antico, quello della Repubblica di Genova – fa parte dell’album “Creuza de mä” dello stesso cantautore.

La canzone, insieme agli altri brani della compilation, si colloca tra le pietre miliari della musica leggera ed etnica di quel periodo.

“Sidùn” è la città di Sidone in Libano, teatro di continui massacri nella guerra intestina che sconvolse quella regione per oltre 15 anni. Durò dal 13 aprile 1975 fino al 1991.

“Sidùn” si considera come campo di battaglia di Israele e Siria. Vi furono ingenti perdite, ma a farne le spese furono soprattutto la popolazione civile libanese e i numerosissimi rifugiati palestinesi.

Nell’introduzione del brano si sentono le voci di Reagan e Sharon sotto lo sfondo del rumore dei carri armati.

In relazione a testo e accordi di Sidun, se non sapete fare gli accordi potete decidere di iniziare un corso di lezioni di chitarra.

Il testo

Sotto è riportato il testo integrale della canzone:

   U mæ ninin u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu 'nta maccaia
de staë de staë
e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de baë
a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún
perchè de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce ni ærbu ni spica ni figgeü
ciao mæ 'nin l'eredítaë
l'è ascusa
'nte sta çittaë
ch'a brûxa ch'a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccina.
Traduzione in Italiano 
  Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
dell'estate dell'estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca
cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico
non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al modo 
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l'eredità
è nascosta
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte

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