Il mondo bello dalle Storielle stravaganti di un eccentrico santostefanese

STEFANO BUSONERO IL PITTORE CHE NON VUOLE VENDERE I SUOI QUADRI

Il mondo bello dalle Storielle stravaganti

Storie stravaganti di Stefano Busonero

Il “Mondo Bello” Anno (1951-52)

A quei tempi, nel mio vicolo, e generalmente in tutto il paese, noi bambini avevamo giochi per ogni stagione dell’anno. C’era il periodo delle “pallette” (palline di vetro), quello dei “tappetti” (tappi metallici delle bibite), dello “schiribizzo” (un ferro da calza tagliato e portato alla lunghezza di una ventina di centimetri, con una parte terminale ad occhiello che veniva lanciato con forza su un terreno morbido), del “tocca e ferma” (giocare a rincorrersi), del “cinemetto” (simulazione un po’ grottesca della proiezione di un film) ecc…

La storia che sto raccontando si svolse nel periodo invernale quando per le bambine andava di moda il “Mondo bello”. Questo, più che un gioco era uno stimolo, una spinta alla creazione artistica: si trattava di scavare una piccola buca, poi si inseriva all’interno una o più figure (ritagliate da un giornalino illustrato o da un libro) sulle quali si posizionava un pezzetto di vetro e quindi si ricopriva il tutto, facendo in modo che nessuno si accorgesse dell’operazione effettuata nel terreno. Talvolta le figure erano multiple ed occorreva riporle spianate sopra un pezzo di tavola o di cartone.

Ogni bambina preferiva fare il suo “Mondo bello” quando era sola, ma questo – data l’alta frequentazione del vicolo da parte di grandi e piccoli – di solito non accadeva. In questo gioco le mie sorelle competevano con Anna, Siria, Alda e le “Coppiette” (Carla e Mafalda). Quando ognuna delle partecipanti al gioco aveva portato a termine la propria opera, iniziava il confronto per il riconoscimento del lavoro migliore. A volte la competizione durava qualche giorno e le figure potevano nel frattempo essere cambiate.

Noi bambini facevamo ben altro, avevamo passatempi più movimentati, tra tutti però il nostro gioco preferito rimaneva sempre quello delle pallette. Di solito quell’anno frequentavo Augusto il Gatto e Franco il Pancio, ma spesso cercavo di inserirmi nei gruppi di amici più grandi che proponevano novità più interessanti. Mia madre – non capivo il perché ma in questa stessa storia ne appare chiara la ragione – non voleva che frequentassi i “grandiglioni”, invece io ero fortemente attratto da loro e dalle loro attività, cercavo sempre di far parte del loro gruppo quando ero certo che lei si trovasse lontano da casa e dal vicolo. Bruno, uno di questi ragazzi, era solito organizzare il “cinemetto” e quindi cercare spettatori paganti: l’entrata era di tre lire.

La pellicola, lunga un paio di metri e formata da ritagli di fumetti incollati nella giusta progressione, conteneva un intero episodio. La lunga striscia di carta, completamente avvolta in una asticella e passata all’interno di due spezzoni di cartone – uno dei quali con un’apertura corrispondente alla grandezza dei singoli riquadri ritagliati che permetteva la visione del film – veniva arrotolata da una seconda asticella posta nell’altra estremità. Per rendere più comodo il lavoro dell’operatore, la coppia di cartoni veniva incollata su una scatola da scarpe e per creare una più reale atmosfera da cinema si utilizzava un luogo abbastanza buio con un po’ di luce artificiale, cioè il vano di entrata di un portone ed una candela.

Un giorno io, Augusto e Franco, dopo aver pagato le tre lire d’ingresso entrammo in un portone insieme ad altri bambini per assistere alla proiezione del film che durò più o meno cinque minuti. Al termine di questa, Bruno rivolto al pubblico e mostrando un mazzo di fotografie, ci disse che lo spettacolo sarebbe continuato. Ci chiese altre tre lire, ma quando vide che non le avevamo, decise di far rimanere nel portone soltanto chi aveva qualche spicciolo in tasca. Io sarei potuto restare perché mi rimanevano ancora tre lire, ma Augusto e Franco sarebbero dovuti uscire se non mi fosse venuta l’idea di allungare loro una lira ciascuno.

Quelle foto erano di un’originalità unica: materiale pornografico! Io ed i miei coetanei le guardammo con forte curiosità, non riuscendo a capirne il significato, però, data l’importanza che i grandiglioni davano agli “strani accoppiamenti”, quelle foto dovevano essere molto interessanti e molto proibite, tanto che Bruno non le portava a casa, ma le conservava in un nascondiglio. Attesi la sera e, senza che questi se ne accorgesse, tenni sotto controllo ogni suo spostamento, alla fine lo vidi aprire un tombino, entrarvi dentro, poi uscirne risistemando il coperchio. Incuriosito dalla scoperta fatta, andai subito a vedere il tesoro presente nel tombino e poi ne uscii con il carico proibito.

Mi diressi sotto un lampione per osservare meglio quelle foto, ma nonostante tutto mi rimanevano ancora insignificanti. Inizialmente pensai di riporle provvisoriamente nel mio nascondiglio personale, invece subito dopo decisi di fare uno bello scherzetto alle bimbe che conoscevo. Era buio già da un po’ e, sebbene sapessi che mia madre era già in ansia per il mio ritardo, andai nel luogo in cui le bambine creavano il “Mondo bello”. Che divertimento! Qui passai senza accorgermene un’abbondante ora ridendo come un pazzo: mi sembrava strano … molto strano che avessero scavato così tante buche – ne contai più di venti – e quando incominciai a sostituire a quelle immagini innocenti le foto pornografiche, mi accorsi che ad ogni figura era abbinata una piccola striscia di carta con nome e cognome scritti in stampatello, alcuni dei quali perfettamente sconosciuti.

La cosa delle identificazioni mi parve alquanto insolita, ma non gli detti peso. Poiché rientrai a casa in grosso ritardo, le presi di santa ragione, e con me le prese anche Emilia che si affannava a ripararmi – come faceva di solito – quando mamma mi sculacciava. Certamente non sapevo che quella storia sarebbe continuata il giorno dopo con un profilo ben diverso da quello che avrei mai immaginato.

Quel giorno fu davvero indimenticabile! Mi svegliai presto perché non vedevo l’ora di assistere alla competizione tra i vari “Mondo bello”. Mi immaginavo le facce meravigliate di Imperia, Emilia, Anna, Siria, Alda, le Coppiette e le altre amiche per me sconosciute, nel momento in cui scoprivano le loro opere e si accorgevano della stramba sostituzione. Aspettavo con irrefrenabile trepidazione il pomeriggio – perché la mattina le mie sorelle e le loro compagne andavano a scuola – per godermi lo spettacolo. Mi sbagliavo perché tutto si svolse entro la mattinata! … E in che maniera!

Non erano ancora le ore dieci quando vidi arrivare nel nostro vicolo Giovanna, probabilmente la madre di una partecipante, che mi domandava dove fossero sistemati i “Mondo bello” delle bambine. Dieci minuti più tardi tutta la zona si stava riempiendo di persone che continuavano a venire da ogni viuzza. Infine arrivò l’intera classe di Imperia e Emilia, guidata da una maestra della scuola. Cosa faceva tutta quella gente nel mio vicolo? Parlavano di giuria, bravura, punteggi ed altro. Poco dopo sentii Imperia che diceva:

«Sta arrivando anche il direttore … tra poco iniziamo la gara.»

Nel sentire quel “gara” capii immediatamente la gravità della situazione che avevo creato. Non c’era via di scampo. Cosa avrei dovuto fare per risolvere il problema? Avrei voluto gridare a squarciagola mandando via tutti. Avrei voluto che piovesse a dirotto, avrei voluto simulare un malore improvviso, avrei voluto … ma ormai la manifestazione era incominciata e la maestra stava già chiamando le bambine che via via si spostavano fiere vicino alla loro buca. Tutto stava procedendo tranquillamente mentre la mia mente era ormai in preda al caos più profondo.

Quando tutte le concorrenti furono nella propria postazione iniziò la valutazione delle loro opere da parte della giuria, formata dal direttore, dalla maestra e da due bambine della classe quinta. Ormai la tragedia era imminente e già prevedevo ciò che di lì a poco sarebbe accaduto, quando mi apparve un’ancora di salvezza e pensai: “Perché mi sto preoccupando così tanto per quello che succederà tra poco dato che nessuno può essere a conoscenza che io ne sono il responsabile? Io sono solamente uno dei tanti venuti ad assistere! Non mi potranno incolpare” e poi ancora “Stefanino … goditi lo spettacolo!”.

Quando il panico si trasformò completamente in pieno entusiasmo ed io ero pronto a gustarmi il gradito spettacolo, il primo “Mondo bello” era già stato aperto dalla maestra.

Che delusione! Ella, come se nulla di strano si fosse presentato ai suoi occhi, si alzò scambiando alcune parole con il direttore. Entrambi scoprirono una seconda buca e poi un’altra ancora, richiudendole immediatamente, quindi la maestra, rivolgendosi alle alunne in gara, disse loro:

«Abbiamo visto che ad ogni figura avete abbinato il vostro nome e cognome, perciò potete abbandonare il vostro posto e raggiungere i vostri genitori. Dato che le figure sono molto belle, io ed il direttore abbiamo deciso di portarle via per meglio valutarle. La manifestazione è terminata. Arrivederci a tutti».

Rifiutando di farsi aiutare dal resto della giuria, il direttore e la maestra tirarono fuori tutte le foto dalle buche. Con quel misurato loro modo di agire, evitarono certamente clamori e spiacevoli conseguenze.

“Bravi furbetti” pensai “questi hanno visto le fotografie ed hanno certamente pensato di regalarle ai propri figli per fare in modo che guadagnino con il loro cinemetto!”.

Il giorno dopo, Emilia ed Imperia, quando tornarono da scuola, mi dissero
che i “Mondo bello” erano tutti meravigliosi e che quindi ogni alunna
aveva vinto. E io … avevo perso le mie foto!

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